giovedì 22 settembre 2011

Renzo Piano...Fare.



Carissimo Renzo,
credo sia impossibile non essere culturalmente allineati con te, uomo ed Architetto,
per la serietà che da sempre contraddistingue il tuo "Essere" e "Fare"...
Grazie. Un abbraccio… Raffaella





















Renzo Piano:
FARE
Fare, costruire, è la più antica scommessa dell’uomo, insieme allo scoprire,
al navigare e al coltivare i campi. E’ un nobile mestiere quello dell’architetto se fatto bene.

FARE BENE
Per fare bene bisogna capire e ascoltare; è un’arte complessa quella dell’ascolto! È difficile perché spesso le voci di quelli che hanno più cose da dire sono  discrete e sottili. Ascoltare non è obbedire, ascoltare non è trovare compromessi, ascoltare è cercare di capire e quindi fare progetti migliori.

FARE PER GLI ALTRI
Si diceva una volta, fare il bene comune. Bisogna sempre ricordare che fare architettura significa costruire edifici per la gente; università, musei, scuole, sale per concerti…sono tutti luoghi che diventano avamposti contro l’imbarbarimento, sono luoghi per stare assieme, sono luoghi di cultura, di arte e l’arte ha sempre acceso una piccola luce negli occhi di chi la frequenta.

FARE CON ATTENZIONE
Perché la Terra ha scoperto, e ci ha ormai avvisato, la propria fragilità. Per questo non credo nell’energia nucleare e credo invece fermamente nelle energie rinnovabili. L’Italia non ha giacimenti di uranio, l’Italia ha molto sole e tanto vento.

FARE BELLEZZA
E’ una parola… o almeno provarci. La bellezza è imprendibile, se allunghi la mano ti scappa  ma se la definisci come facevano il greci: il bello e il buono, il bello e il buono che stanno insieme, allora tutto diventa possibile.
La bellezza e l’utilità messe assieme vincono il formalismo, vincono l’Accademia...

FARE SILENZIO
Cioè costruire emozioni. Talvolta l’architettura cerca il silenzio e il vuoto in cui la nostra coscienza si possa ritrovare. Il silenzio è un po’ come il buio, bisogna avere il coraggio di guardarlo e poi pian piano si comincia  a vedere il profilo delle cose…Quindi l’architettura è anche l’arte di creare luoghi per il silenzio, per la meditazione.

LASCIAR FARE
Bisogna lasciar fare ai giovani, bisogna mettersi un po’ da parte. Nel mio studio lavorano ogni anno 20 studenti provenienti da tutto il mondo bottega. Bisogna valorizzare il talento, bisogna che la politica faccia i concorsi,
ci sono tantissimi giovani talenti che non hanno nulla da fare. Oggi un architetto in Italia ha poche possibilità prima dei 50 anni, c’è un’intera generazione che è stata tradita. La politica teme il talento perché il talento ti regala la libertà e la forza di ribellarti.

Secondo me i giovani devono partire, devono andar via ma per curiosità non per disperazione  e poi devono tornare. I giovani devono andare, un po’ come ho fatto io, sono sempre partito e sempre tornato.
E devono andare per capire com’è il resto del mondo ma anche per  un’altra cosa ancora più importante, per capire se stessi, perché c’è un italianità, non è quella dell’orgoglio nazionale.
Noi italiani dobbiamo capire una cosa, che siamo come dei nani sulle spalle di un gigante, tutti, e il gigante è la cultura, una cultura antica che ci ha regalato una straordinaria, invisibile capacità di cogliere la complessità delle cose, articolare i ragionamenti, tessere arte e scienza assieme e questo è un capitale enorme
e per questa italianità c’è sempre  posto a tavola per tutto il resto del mondo.


"…Perchè l'architettura è anche una visione del mondo. L'architettura non può che essere umanista, perchè la città con i suoi edifici è un modo di vedere, costruire e cambiare il mondo. E poi l'architettura è struggimento per quella cosa bellissima che è la bellezza. Ma questa è un'altra storia ed è impossibile da raccontare…"

Renzo Piano Architetto




lunedì 19 settembre 2011

Costruttori di curricula...



Poiché alcune quietudini transitano attraverso inquietudini,
sottolineo il passaggio tra una di queste.















Pianificatori di certezze.
Costruttori d’immagine.
Questo ci chiede il mercato.
Internazionale.
Qual è il suo curriculum?
Deve pubblicare. Mostrare. Scrivere. Esibire. Essere “visibile”…
Pianificatori di Forme.
Costruttori di Visibilità.
E già da studenti iniziano le ansie…
Per quanto la visibilità non sia garanzia di nulla.

Tuttavia quando la spendibilità dell’immagine irretisce,
accade che studenti stagisti sostino silenti in Studi “noti” a far fotocopie,
architetti “di fama” si dotino del dono dell’ubiquità,
docenti e professionisti sostengano Lectures fantasma o improvvisate
in scambi internazionali “culturali”.
Nulla di nuovo…
Curricula quale strumenti di “identità professionale”? Un’illusione.
Per banalizzare: quali i progetti scaturiti da “quell’architetto”
o da validi collaboratori in ombra?
Quali le dinamiche, sinergie, “appropriazioni”
all’interno di una rete di Studi?  E molto altro…

Costruttori di curricula
Spesso con  interesse al passato.
Ho vinto... fatto…costruito…studiato...analizzato…scritto…
Sono stato Premiato…
Curricula  come piccole o grandi tombe rassicuranti
e trasportabili su cui porre fiori freschi.
Patrimoni spendibili all’infinito,
rendita professionale conquistata. Reale o presunta.

Troverò mai qualcuno interessato
ad un Curriculum d’intenzioni…?
Quali idee ha, architetto? Quale entusiasmo la anima?...
Ignazio Gardella: “le mie opere e forse le migliori sono quelle che farò,
incluso le tesi di laurea dei miei studenti”
Una lezione.
 















Così, preferisco l’entusiasmo inarrestabile, al limite dell’incredulità,
di architetti che non si celebrano nel passato confortandosi,
ma sperimentano con precarietà il futuro.
Architetti di torri infrante, di pensieri liberi, di serietà, di qualità.

Architetti i cui curricula vengano aggiornati e contemporaneamente
annullati, con semplicità, in ogni istante della vita professionale
per essere sempre scritti da mani complici e sguardi protesi.
Persino in  equilibrio contraddittorio. Poesia e praticità.
Architetti che desiderino Fare e non Sostare in glorie di medaglie
seppur conquistate con onore.

Architetti che nascano nel “progetto del nuovo” e ci credano.
Architetti di piramidi abbattute.
Di sepolcri frescamente dipinti.
Dove determinazione, volontà di approfondimento, miglioramento
affiancano perseveranza, concentrazione, ricerca ossessiva…
Dove paura lascia sempre spazio a fiducia.

Così abbraccio architetti e coloro per i quali raccontare ciò che si è costruito
assume significato marginale rispetto a ciò che si vorrebbe costruire.
Architetti e studenti che lavorano senza retorica.
Con passione sfrenata e fuochi interiori.
Non esibibili ma profondamente percepibili. Perché Veri.

Di architetti, ingegneri, designers ed artisti,
quali accattivanti Illusionisti managers,
pittori di sé, protesi ad imbellettarsi in babilonici curricula
ne abbiamo abbastanza.
Credo…Per sopportazione e quantità.

Pertanto auspico che si necessiti d’altro. E non solo in Italia.
Costruire seri intrecci culturali, sistemi di relazioni umane
e di Architettura Vera.
Non certo curricula.

Raffaella Colombo





domenica 4 settembre 2011

Melanismo...



Pantera? No. 
Leopardo... 














 

Nero
Intravedo melanismo mentale in coloro che osservano,
si circondano, si nutrono, vivono e pensano in Nero.
Senza colori. Senza differenze. Senza positività. Senza luce.
Senza entusiasmo…
In coloro che valutano in Nero. E sopravvivono in esso.
E non liberano “spazi personali”.
E non permettono accesso ai colori…
E si circondano di persone assecondanti, indotte
o necessitanti di quel Nero. Quale circolo vizioso negativo.

Tuttavia la vita chiama ciascuno ad imparare e non da errori.
A prendere distanze, a contrastare, ad assimilare, a reagire.
A modificare prospettive, visioni, rotte. In positivo.
A credere di poter migliorare. Sempre. 
Sovvertendo l’ordine monocromatico,
persino nell’apparente disordine dell’incredulità…
persino nell’incomprensibile inatteso che la vita ci offre…

Per cancellare tatuaggi Neri nella mente…
Per riconoscere irradianti sfumature di persone dai colori caldi e vivi…
Per individuare Bellezza.

E’ un invito, Architetto, a non sostare nel Nero. Mai.
Un invito impegnativo…ma non impossibile. Per te.
Raffaella Colombo

domenica 14 agosto 2011

International Workshop.Waterliving Belgrade 2011





















International Workshop:  
Facoltà Megatrend Belgrade - Politecnico di Milano
Facoltà di Design. Facoltà di Architettura civile.

Waterliving Belgrade 11-17 Luglio 2011
Public Waterfront. Piattaforme galleggianti sul Danubio.




















Desidero esprimere un sincero ringraziamento
ai Professori serbi Ivan Mangov, Milan Javanovic’, Marko Cvetkovic’
per encomiabile impegno, competenza,  accogliente amicizia, professionalità;
al Professor Zoran Dukanovic’ per precipue ed illuminanti riflessioni
inerenti ai complessi sistemi di relazione e di identità culturali di Belgrado,
e a tutti i docenti e professionisti intervenuti
per supportare la nostra attività didattica. 
Da tutti loro traspariva una disponibilità interiore
che abbiamo riconosciuto con estrema semplicità...


Ma l’affettuoso abbraccio si rivolge agli eccellenti studenti
che hanno aderito al programma,
di cui vorrei sottolinearne meriti umani, al di là di quelli accademici,
derivanti sia dal superamento della selezione alla partecipazione al workshop 
attraverso i curricula avvenuta presso le corrispondenti Università,
sia dal  meritevole esito conseguito.











Parlo, pertanto, di loro apertura mentale, gentilezza,
volontà di condivisione, adattamento ed impegno lodevole,
rendendo fattibile questa esperienza di “ architettura di vita”.

Parlo di Architettura Vera, di relazioni umane che si sono intrecciate,
a partire dalla convivenza nell’ostello galleggiante Arkabarka,
parlo di debolezze, di simpatie, di lavoro intenso,
di caffè offerti alle 4.00 del mattino agli studenti italiani riversi sui computers…

Parlo di sinergie, di ardui confronti, di architetti e designers in gruppo,
parlo di differenti metodi di analisi al progetto,
parlo di soddisfazione al termine del percorso personale e professionale,
parlo di divergenze di vedute rispetto alle analisi del contesto,
di salvaguardia delle splendide identità culturali locali individuate,
di sostenibilità ambientale, di energie rinnovabili,
di accuratezza e sensibilità verso i sistemi viventi in loco.

Parlo di sistemi di relazione tra uomini, terra, acqua e cultura…
parlo di consapevolezza al progetto di spazio pubblico,
di non permanenza in superficie: “al di sopra dell'acqua”…
parlo di stanchezza, di gioia, di sintesi, di fatica e di sorrisi…
parlo di temperatura al limite della sopportazione,
di cene e pranzi frugali, di canti, di chiacchere,
di balli sul battello...

Parlo d’esperienza vissuta. Di Architettura di Vita.

E non mi esprimo e dilungo, volutamente,
in analisi di piante, prospetti, sezioni, planivolumetrici...
per quanto le idee di progetto scaturite siano state accolte
dalle reciproche università, dai media, dalla stampa
e dall’amministrazione comunale serba,
con indiscutibile successo e rilevanza.

Preferisco, in questo contesto, proporre “una lettura”
come esperienza didattica osservabile con occhi differenti dal consueto,
occhi non professionali, poichè al di là dei  positivi risultati conseguiti,
ciò che ha arricchito ciascuno di noi, credo sia  anche ciò che tratterremo,
e porteremo in noi, in sintesi, di questa complessa esperienza umana.  

In questi termini, accresciamo umanamente e professionalmente
senza mai lasciare luoghi, città e neppure amici.
E la nostra “casa”, proprio quella casa che sempre trasportiamo,
si dilata e strato su strato si modifica, evolve,
formandosi in un continuum senza fine…
pronta ad accogliere tutte le sfaccettature che la vita ci offre.

Impariamo dagli altri e con gli altri
mentre insegniamo ad imparare.
A progettare Architettura.

Così non ospitiamo ricordi ma persone vive…
su cui ciascuno possa contare,
affinché l’architettura non consti di soli materiali ma, ancor prima,
si basi e trovi ragione nelle relazioni umane.
Sincere. Scabre.











































Un abbraccio a tutti voi.
Grazie. E’ stato per me arricchente Esserci.
Raffaella Colombo




Selected projects.
Partcolari di progetto

Implanted Nature. Students: Jessica Bonaccio, Marija Cvetkovic', Aleksandar, Cvorovic', Marco De Lorentis, Sara Trinca Tornidor


Riverhood. Students: Michele Realis Luc, Virginia Savoini, Velimir Skalusevìc, Maria Laura Moroti, Annalisa Lever



SPLAV. Students:Milica Alempic', Roberta Campione, Marco di Norcia,Emanuele Faccini, Claudio Russo



Wawe








lunedì 8 agosto 2011

Persistenza e serietà

...quali preziose qualità etiche.

















Abbandonare un progetto significa non aver individuato altre possibilità
fra i molteplici piani fisici e concettuali su cui disegnare e ridisegnare,
e neppure nuovi linguaggi con cui esprimerlo
Significa bloccare se stessi, bidimensionalmente, all’angolo di un foglio…
Tuttavia senza alcun desiderio d’essere apatici osservatori di se stessi.
Allora è il momento di recuperare lo spirito originario del progetto,
l’originario fervore di scoperta di un’interiorità che non necessita di superfetazioni,
ma uno sguardo consapevole ed attento di sempre
attraverso opportunità nuove di ampliamento…
Allora è il momento di stropicciare il foglio. 
Abbandonare il computer, la lavagna, i piani consueti…

Per uscire e ritrovarsi.

Non certo in una ricerca fine a se stessa, involutiva e sterile,
ma nel progetto del nuovo con memoria storica.
Quella memoria che consente a ciascuno di noi di non ripartire sempre da zero,
ripetendo  e confermando  ciò che tratteniamo perchè  importante. 
Quale memoria di antica e continua passione… 
che faccia procedere sempre e comunque con serenità e fiducia,
senza eccessivi scoraggiamenti…

Persistenza e serietà sono qualità a cui ambisco
e ricerco, incessantemente…














Tuttavia l'ottusità non mi appartiene...
Raffaella Colombo





lunedì 4 luglio 2011

Osservare...



Osservare anche con la mente.
Archetipo


















 

L’immagine, quale archetipo africano di scena di caccia,
risulta essere, in verità, un diorama. 
Animali impagliati
e perfettamente posizionati.

Poche cose sono ciò che sembrano...
Poche persone le mostrano come sarebbero,
con il loro intrinseco potenziale dirompente
e vero...
Poche persone si mostrano per come sono...
Raffaella Colombo 








giovedì 30 giugno 2011

Equus ferus...



Immagino…
che Marco Polo, nelle sue narrazioni, abbia ampiamente mostrato a Kublai Kan,
in senso figurativo, come trascendere  l’ingannevole apparenza delle parole…
per muoversi in sicurezza. 
Tuttavia Kublai Kan, diffidente, non si concede al viaggio di conoscenza.
Si sottrae e rimane lì, fermo ed impassibile, sul trono.
Perché mai dovrebbe muoversi?
Egli desidera che gli si mostri ancora qualcosa, direbbe Calvino,
che sarà sempre qualcosa d’altro…da farsi mostrare,
e poi altro, e altro, e altro, incessantemente...

-Ma tu, che cosa mostri?- Chiede Marco Polo.
-Le incertezze- incalza Kan, -convincimi tu che devo abbandonarle,
prospettandomi opportunità…-
-Così non inizieremo mai il viaggio…- Risponde lucido Marco Polo.
-adesso afferra tu la matita per disegnare.
E convinci me, delle tue qualità di viaggiatore…-
-Mi disegneresti un cavallo?-
-E perché mai?-
Tuttavia Kublai Kan osserva la matita a terra…

















Mi potresti, per cortesia, disegnare un cavallo?
Quasi tutti i bambini non avrebbero reticenze
e con generosità disegnerebbero.
Persino coloro che si credono incapaci.

Architetto, quale cavallo mi disegnerebbe?
Si penserebbe ad una bizzarria, un’insensatezza, una provocazione
o, con altrettanta fanciullesca generosità,
con sensibilità e fiducia si disegnerebbe? Senza spiegazioni.
Soddisfare con semplicità un desiderio altrui, seppur inconsueto…
significa lasciar trasparire ingenuità e stupidità
o la propria gratuità nell’offrire e la propria disponibilità?
Tra questo dualismo spesso conviviamo,
avvicinandoci talvolta all’uno o all’altro estremo.
Ma spesso con diffidenza e rifiuto dinnanzi a qualcosa
di incompreso e destabilizzante…

Forse alcune primarie disponibilità umane vanno riconosciute
e preziosamente preservate negli anni…
affinché il pensiero bambino, incuneato tra razionalità ed emotività,
rappresenti una positiva essenzialità,
una spinta propulsiva vitale,
per ogni uomo e la sua umanità, nell’ininterrotto corso della vita. 
Una spinta esplorativa di fiducia, nella totalità…

Certo, il trono può essere rassicurante…
ma ha un solo posto.
E quando si è seduti lì, si è soli.

Architetto, quale cavallo disegnerai che si animerà...?
O lascerai ancora a terra quella matita?
Raffaella Colombo





“Lo scettro va tenuto con la destra, diritto, guai se lo metti giù, e del resto non avresti dove posarlo, accanto al trono non ci sono tavolini o mensole o trespoli dove tenere, che so, un bicchiere, un posacenere un telefono; il trono è isolato, alto su gradini stretti e ripidi, tutto quello che fai cascare rotola e non si trova più..."

Italo Calvino “Il re in ascolto” Sotto il sole del giaguaro .






mercoledì 22 giugno 2011

Nessuno salta nel vuoto

Nessun salto nel vuoto.
Per quanto il vuoto non sia mai vuoto.














Spesso rifletto genericamente o circostanziando, rispetto all’ovvietà…
che, contraddittoriamente, sembra non sia ovvia
a colui che oppone a comprendere…
E non parlo di atteggiamento autoescludente, provocatorio, disilluso,
ma semplicemente di maschera trasparente posizionata sugli occhi
dove comunque l’ovvio filtra e si configura, nonostante tutto, come ovvio
ma la finzione prescinde dalla comprensione…e permane.
Vedo ma fingo di non vedere.
Forse perché più rassicurante, comodo, tutelante.
Fingo di non vedere. Per non affrontare.
Per non essere indotto al cambiamento.
Permango nella sospensione…


Chiedo scusa per aver rimosso lo scritto
a cui non corrispondono più i commenti.
Ma neppure le circostanze.
10 Novembre 2011
Raffaella Colombo







lunedì 13 giugno 2011

Gli artisti...bruciano





















La bellezza dell’artista…
Brucia?

Credo che il termine “astratto” non appartenga agli artisti,
o meglio che essi non si accontentino di un pensiero
quale espressione d’arte mentale;
la pittura e la scultura astratta ne sono esempio…
Credo piuttosto che concettualmente sia riferibile
a coloro che fruiscono dell’ arte.
A coloro che intraleggono, interpretano, immaginano, sognano,
rielaborano. Con l’arte.

Ma gli artisti da sempre, bruciano...
Vivono di fuoco ardente e non trattengono scintille
e carezze, dell’anima. Ne sono travolti, spesso soffrendo.
Bruciano amore, follia, passione, lentezza, serietà, rabbia,
Bruciano bellezza.
E la bellezza, per loro, deve trovare espressività.
Esserci.
Sentirla e trasmetterla.
E questa dirompente forza interiore si avverte intrattenibile.
La bellezza scabra non è travalicante.
Essa travalica la volontà stessa dell’artista.


Le pulsioni che li animano, agitano o addormentano a tratti,
emergono sempre e, con sensibilità  o ferocia,
inducono gli artisti a tradurre interiorità in arte, fisica, tattile,
quale espressività di desideri, pensieri, meditazioni,
lacerazioni, felicità,  grida… Per raccontarsi.
Perché nessuno desidera essere solo, credo…

Da millenni, essi cercano, penetrano, si insabbiano, si arrabbiano,
non trovano, abbandonano, ritornano, si alzano…
ma sempre affrontano l’essenza attraverso la materia.
Pensano e toccano. Afferrano.
Tramutano immaginazione in realtà quale pensiero tangibile…
Dipingono, scrivono, allineano parole, disegnano,
cantano, compongono musica,
scolpiscono, tagliano tele, soffiano vetri, piegano rami,
agitano braccia, realizzano architetture…

Gli artisti da sempre lavorano. Incessantemente.
Per se stessi e l’umanità.
Certo, errori, bizzarrie, emotività, discontinuità, contrasti,
spesso li accompagnano…ma ha importanza?

Raffaella Colombo